“LO SGUARDO DI ANGELOPOULOS”: In occasione dei dieci anni dalla scomparsa del regista Theo Angelopoulos, la Mediateca omaggia il grande autore greco con due appuntamenti.

“Dio ha creato dapprima il Viaggio. Poi, solo poi, sono venuti il dolore e la nostalgia…”

“Quando tornerò, avrò i vestiti di un altro uomo, e mi presenterò con un nome diverso, e tu non mi riconoscerai. Ma poi ti indicherò la finestra in fondo, e la stanza, e i segni sul corpo…”

 

“LO SGUARDO DI ANGELOPOULOS”

Da un’idea di Oscar Iarussi di omaggiare il regista greco Theo Angelopoulos, nasce la nuova rassegna della Mediateca “Lo Sguardo di Angelopoulos” con la proiezione de “Lo Sguardo di Ulisse” e la presenza del grande fotografo Ivo Saglietti. La rassegna che si è svolta in una settimana è il preludio delle attività che saranno realizzate nei mesi a venire. Figura fondamentale del cinema europeo, Palma d’oro a Cannes con “L’Eternità e un giorno” nel 1998, Angelopoulos sarà il protagonista di diversi approfondimenti che la Mediateca affronterà nel tempo.

La rassegna “Lo Sguardo di Angelopoulos” è stata l’occasione per presentare due grandi iniziative, il 24 maggio alle ore 19 è stato proiettato il capolavoro “Lo Sguardo di Ulisse”, film ormai introvabile, introdotto da Gianluigi Trevisi, direttore artistico del festival “Time Zones”. Il 26 maggio alle ore 19, invece, abbiamo avuto l’onore di ospitare il grande fotografo Ivo Saglietti.

 

“LO SGUARDO DI ULISSE”

 

“Lo Sguardo di Ulisse”, racconta di un regista di origine greca esule negli Stati Uniti, che torna nella città natale, Florina, per la proiezione di uno dei suoi controversi film. In realtà è tornato per trovare alcune bobine di un documentario, girato all’inizio del secolo sui Balcani dai mitici fratelli Manakias, la cui pellicola non è stata ancora sviluppata.

“Il novello Ulisse (Keitel – Anghelopulos), ossessionato dal cinema, posseduto dalla sua innocenza perduta, è alla ricerca del primo frammento di memoria storica da cui si può ripartire, ricostruire. I famigerati piani sequenza del massimo regista greco sono sguardi talmente intensi, lirici, ipnotici da incantare l’anima dello spettatore attraverso il solo sguardo.” Niccolò Rangoni Machiavelli – Gli Spietati

 

“IVO SAGLIETTI – I FANTASMI DEI BALCANI”

“I fantasmi dei Balcani” è il progetto ambizioso che Ivo Saglietti porta avanti da qualche anno, che ha l’ambizione di unire cinema e letteratura e trova nel regista greco Angelopoulos e nello scrittore francese Albert Camus, entrambi narratori della difficile condizione dell’uomo. Il 26 maggio Saglietti presenterà in Mediateca il progetto con una proiezione delle sue immagini e racconterà il suo viaggio sui Balcani, sulle orme dei luoghi visitati da Angelopoulos ne “Lo Sguardo di Ulisse”.

Ivo Saglietti nasce a Toulon, Francia, Inizia la propria attività a Torino come cineoperatore, producendo alcuni reportages di tipo politico e sociale. Nel 1975 inizia ad occuparsi di fotografia, lavorando nelle strade e nelle piazze della contestazione e nel 1977 si trasferisce a Parigi. Da qui iniziano i suoi viaggi come reporter-photographe, dapprima con agenzie francesi, in seguito per conto di agenzie americane e per magazines internazionali (Newsweek, Der Siegel, Time, The New York Times ), per i quali “copre” in assignement situazioni di crisi e di conflitto in America Latina, Africa, Balcani, Medio Oriente. Nel 1992 conquista il premio World Press Photo (nella categoria Daily Life, stories) con un servizio su un’epidemia di colera in Perù e nel 1999 la menzione d’onore allo stesso concorso per un reportage sul Kosovo. Nello stesso tempo inizia a lavorare su progetti a lungo termine: “Il Rumore delle Sciabole” (1986-1988), suo primo progetto e libro, documenta la società cilena durante gli ultimi due anni della dittatura militare del Generale Augusto Pinochet.

Dal 2000 è membro associato dell’agenzia foto giornalistica tedesca Zeitenspiegen Reportagen, per la quale sta lavorando ad un progetto sulle frontiere nel Mediterraneo e Medio Oriente. A proposito della fotografia di Ivo Saglietti è stato osservato come egli appartenga a quella “nobile schiera” di fotografi per i quali è importante partecipare emotivamente, quasi empaticamente, alla realtà che stanno vivendo, stabilendo con le persone che ritrae un rapporto umano. Ciò che gli preme raccontare è l’uomo e il suo destino. Altri mettono in evidenza la partecipazione alla sofferenza, con discrezione e rispetto, sicché gli scatti che ne derivano non sono quelli di un fotoreporter, ma di un compagno di strada che diventa amico.

Grafica di Giuseppe Inciardi

 

 

 

 

 

 

 

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